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A ciascuna il suo orgasmo

Rivendichiamo il nostro diritto al piacere

Immagine: Lukas Beer su Unsplash

La giornalista Adeline Flaury, autrice di “Petit Eloge de la Jouissance féminine”, afferma come la tardiva scoperta del piacere fisico le abbia trasformato la vita, liberando la sua voglia di scrivere e il coraggio di prendere la parola in pubblico. Per lei scoprire l’orgasmo è stato scoprire una nuova se stessa, più consapevole dei suoi desideri, dei suoi obiettivi, fiduciosa nella possibilità di raggiungerli e quindi più forte e radicata.

Tuttavia c’è chi parla di “dittatura dell’orgasmo”: se una volta essere una vera donna voleva dire essere mamma, oggi vuol dire avere orgasmi a ripetizione. Un bel problema, dato che avere accesso all’apice del piacere significa abbandonare quel controllo sul corpo che esercitiamo costantemente per non ingrassare, per non rimanere incinte, per non avere perdite durante il ciclo, per essere sexy, per far piacere al partner 1

Quindi, da una parte accedere a questo stato di abbandono non è affatto semplice, dall’altra il processo che scatena l’orgasmo nelle donne è estremamente delicato. Ci accendiamo sessualmente se spegniamo il cervello. L’amigdala (una parte primitiva che attiva la paura) deve essere completamente knock out. Qualsiasi preoccupazione può inibirci: se la stimolazione si interrompe troppo presto o non è “giusta” per noi in quello specifico momento, se emergono tensioni, preoccupazioni, pensieri molesti o senso di colpa la nostra rete neurale pelvica smette di colpo di mandare segnali al cervello. Lo stress è la nostra criptonite. Attenzione quindi al benessere dei tuoi reni e surreni perché fisicamente la tensione prolungata si fa sentire proprio lì. La medicina cinese vede nei reni un grande alleato della sessualità (in effetti nel feto apparato renale e genitale si sviluppano in intima associazione).

Da studi effettuati con risonanza magnetica risulta che abbiamo anche bisogno di essere comode ed avere i piedi caldi.

Se non è a suo agio la vagina si paralizza, arrivando a congelarsi letteralmente per il terrore, come accade a chi soffre di vaginismo.

Purtroppo per i nostri partner, non è possibile fornire ricette preconfezionate, dato che ciò che significa essere a proprio agio varia moltissimo da una donna all’altra. Inoltre l’agio non basta: quando la sceneggiatura è nota il rischio noia è dietro l’angolo. Abbiamo bisogno quindi anche della giusta dose di “pepe”, che ci faccia sentire trasportate sull’onda dell’avventura.

Ci accendiamo con modalità così complesse, che le ricerche sul Viagra femminile sono state un totale fiasco. Mentre infatti l’eccitazione maschile consiste nel convogliare il sangue in un’unico posto (senso deputato la vista; tempo occorrente tre minuti), per le donne la faccenda è così multiforme da rendere rilevante ciò che percepiamo con tutti i sensi nelle ultime ventiquattr’ore: chiaro che abbiamo esigenze un tantinello diverse su durata e modalità dei preliminari.

Per le femmine gesti, carezze, baci e parole “giusti” non sono extra, ma componenti essenziali della faccenda. Comunicano al nostro complesso cervello che non c’è pericolo a mollare il controllo. Se non ci sentiamo abbastanza sicure, se non abbiamo goduto di una vicinanza abbastanza prolungata da averci permesso di assorbire l’odore del partner, se questo non ci è sembrato abbastanza paziente, ci rifiutiamo di aprire le porte alla nostra parte selvaggia.

Ma come si fa ad “allenarsi” al piacere?

Possiamo iniziare dando credito alle sensazioni fisiche senza giudicarle, solo permettendoci di lasciarle emergere. E poi proseguiamo: togliendoci le scarpe strette, camminando sull’erba, allentando i bottoni, respirando. Imparando ad affidarci al corpo che si muove nello spazio, come in una danza, senza nessuno che ci dica come dovrebbe essere o quante ripetizioni dell’esercizio devi sforzarti di compiere. Alleandoci con i nostri partner nell’esplorare tutte le possibilità del nostro piacere, prendendola alla larga, dandoci tempo, coinvolgendo tutti i sensi, offrendoci la possibilità di goderci il viaggio senza fretta. Non potranno che convenire con noi che una buona partita può essere perfino più interessante del goal.

Cosa ti serve per “spegnere” i pensieri e “accendere” il corpo? Cosa ti è indispensabile per “partire”? Io ad esempio non riesco proprio a lasciarmi andare se rischio di essere interrotta… E tu?

1 Piacere mio” di Isabelle Duriez in “Elle”, novembre 2017, pagg 161-164.

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